Sebbene manchi ancora una definizione univoca di plusdotazione intellettiva, questa si caratterizza sicuramente per una capacità cognitiva eccezionalmente superiore alla media. Come evidenziano le linee guida del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (2018), un elemento necessario, ma non sufficiente, è un Quoziente Intellettivo (QI), cioè un punteggio ai test di intelligenza validati e standardizzati, pari o superiore a 130. Anche se questo risultato non è in grado di definire la plusdotazione, va sicuramente interpretato come un indicatore della sua presenza.
Un funzionamento cognitivo di questo tipo significa pensare in modo differente, disporre di una forma di intelligenza particolare. Molti genitori a volte esclamano: «Mi sembra che mio figlio sia particolarmente sveglio, come se avesse una marcia in più!». Ma tra un bambino semplicemente brillante e uno “plusdotato” ci sono alcune differenze: un bambino plusdotato o gifted può presentare un livello di abilità generale molto al di sopra della media, oppure un talento eccezionale in un campo specifico, come la musica, l’arte, la matematica o altro.
In effetti i bambini plusdotati manifestano delle caratteristiche cognitive, psicologiche e relazionali comuni: un vocabolario ampio e un linguaggio ben sviluppato, processi di ragionamento precoci e avanzati, hanno idee originali, una velocità di processamento del pensiero alla quale gli altri non stanno al passo, memoria eccellente, forte curiosità e interessi ampi o particolarmente approfonditi, grande impegno in situazioni di sfida, tendenza alla leadership, elevato senso etico e morale.
Nonostante queste caratteristiche ed un elevato QI, è importante specificare che ad un alto livello intellettivo non sempre corrisponde una prestazione ugualmente elevata in ambito scolastico. Spesso gli alunni ad alto potenziale vengono definiti come troppo impulsivi, irrequieti e distratti, tendenti ad essere annoiati dalle attività scolastiche. Talvolta appaiono ansiosi e stressati, oppure aggressivi e isolati. Per questi motivi non è raro che la plusdotazione venga erroneamente confusa con il Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) o con i Disturbi dell’Apprendimento.
Essere plusdotato significa anche crescere con un’ipersensibilità che può coinvolgere diversi ambiti, in particolare quello emotivo, manifestando un’asincronia nello sviluppo, caratterizzata da un lato dall’alto potenziale cognitivo, con picchi in alcune aree specifiche e dall’altro da serie difficoltà nella regolazione emotiva e nelle competenze relazionali. Per un bambino plusdotato in alcuni casi le sue competenze possono diventare una limitazione… Spesso tende a percepirsi differente dagli altri e fatica a condividere i suoi centri di interesse o trovare adeguate sintonizzazioni nel mondo che lo circonda. Essere se stessi può comportare un maggiore rischio di isolamento dal gruppo. Essere più in sintonia con i coetanei, invece, può implicare lo scendere a compromessi con le proprie caratteristiche – la precocità, la velocità, le conoscenze enciclopediche e così via – per cercare un’appartenenza ad un gruppo basata sull’affinità.
La plusdotazione, quando non riconosciuta, può portare a problemi di comportamento e adattamento, sia in infanzia che in adolescenza. La psicoterapia con bambini e ragazzi plusdotati ha come obiettivo quello di comprendere meglio il proprio funzionamento cognitivo e affettivo, elaborare l’ansia e lo stress legati alle relazioni con gli altri e ad incrementare le capacità di gestione delle emozioni, a scuola, a casa e nel gruppo dei pari, aiutandoli a vivere il proprio dono come una risorsa e non come una limitazione.